Chi ha problemi di diabete non può abbassare la guardia nemmeno in vacanza. Anzi, i cambiamenti di abitudine possono portare ad uno scompenso glicemico da non sottovalutare.
Volete una vacanza tranquilla e in salute?
Ecco i consigli “salvavita” della Scuola Italiana di Diabetologia per andare in vacanza senza rischi.
Secondo Francesco Giorgino, professore ordinario di endocrinologia e malattie metaboliche all’Università di Bari, il diabete non è una controindicazione o un limite per una buona vacanza, ma è importante mantenere comportamenti corretti, senza dimenticare che questa malattia va monitorata e curata con l’adeguata terapia per tutto il periodo della villeggiatura.
Un atteggiamento responsabile verso il diabete, consente di concedersi un soggiorno senza rischi.
Tenere lontane dal caldo insulina e dispositivi per misurare la glicemia, valutare col medico se cambiare le dosi dei farmaci ed evitare di camminare scalzi: sono solo alcune delle raccomandazioni del SID per garantire una vacanza sicura ai 4 milioni di italiani affetti da diabete che si apprestano a partire. Ma vediamole nel dettaglio:
- Il primo consiglio, spiega il presidente del SID Giorgio Sesti, è quello di bere abbondantemente per evitare il pericolo di disidratazione. I diabetici sono più esposti al rischio di disidratazione, anche per l’uso di farmaci che possono aumentare la perdita di liquidi: i diuretici, utili a controllare l’ipertensione spesso associata al diabete, oppure le gliflozine, terapie che controllano la glicemia favorendo la eliminazione di glucosio con le urine. Fondamentale è monitorare con maggiore frequenza la pressione arteriosa e fare attenzione ai primi campanelli di allarme, che possono segnalare una possibile disidratazione: bocca asciutta, pelle secca e/o prurito, sensazione di mancamento e stanchezza. Il rimedio per prevenire la disidratazione è bere molta acqua, anche oltre due litri al giorno, e limitare l’assunzione di altre bevande che, apparentemente prive di zucchero, possono a volte contenere sostanze zuccherine con un impatto negativo sulla glicemia.
- La seconda raccomandazione è evitare di camminare scalzi per non riportare lesioni ai piedi, favorite anche dalla ridotta sensibilità alle estremità tipica del diabete. Camminare a piedi nudi non è una buona pratica perché può esporre il diabetico a traumi, micro ferite, contusioni, ustioni, per esempio passeggiando sulla sabbia bollente o su pietre surriscaldate o poggiando il piede su oggetti taglienti senza avvertire dolore. Quindi anche al mare è bene usare ciabatte. In caso di ferita, poi, evitare cure fai-da-te perché passare da piccole lesioni a problemi più gravi è frequente.
- Il terzo consiglio è fare attenzione ai cali di glicemia, dovuti al fatto che d'estate ci si muove di più e quindi i muscoli consumano più glucosio. Con il diabete è bene privilegiare attività moderate di tipo aerobico, che di norma contribuiscono a ridurre la glicemia. In estate, comunque, è consigliato prepararsi all’attività sportiva monitorando sempre la glicemia per prevenire picchi o cali glicemici. Uno dei sintomi della crisi ipoglicemica, la sudorazione, può essere confusa con quella legata al caldo e l'ipoglicemia riconosciuta in ritardo. Quindi, tenere sotto mano una fonte di carboidrati a rapido assorbimento.
- Il quarto suggerimento sembra scontato, ma molti lo sottovalutano: portare con sé farmaci in scorte sufficienti, aumentate di un prudenziale 20-30% per far fronte a ogni evenienza. Ma attenzione alle temperature! Conservate i farmaci nei frigoriferi portatili o nelle borse termiche ed evitate di lasciarli nella macchina parcheggiata al sole perché le più alte temperature, tipiche dell’estate, possono alterarne le caratteristiche riducendone l’efficacia.
- E' importante anche non trasgredire nei cibi, soprattutto quando si frequentano alberghi e ristoranti. Alimenti nuovi, esotici o non assunti abitualmente possono causare una reazione glicemica imprevista, quindi aumentate i controlli.
- Infine, fate attenzione agli orari dei pasti: variazioni importanti nella tabella di assunzione degli alimenti potrebbero, infatti, avere forti implicazioni sulla terapia farmacologica.