Alimentazione

L’agricoltura del futuro? È verticale

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Agricoltura verticale e sostenibile
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I cambiamenti climatici e la crescita della popolazione mondiale mettono a dura prova i sistemi produttivi tradizionali estensivi. Le colture fuori suolo offrono un contributo fondamentale alla sfida per nutrire il pianeta.

Entro il 2050 la sicurezza alimentare richiederà due miliardi di ettari di terra aggiuntivi, un’area delle dimensioni del Brasile. Ma non solo, considerando che il 60% dei principali ecosistemi del pianeta risulta già degradato o sovra sfruttato, esiste la concreta possibilità che entro il 2050, in assenza di radicali modifiche strutturali al nostro sistema di produzione e consumo, avremo bisogno complessivamente dell’equivalente delle risorse di oltre due pianeti.

La soluzione nell’agricoltura verticale?

Solo grazie alle nuove tecnologie sarà possibile assicurare contemporaneamente la quantità, la qualità e la sicurezza necessarie e riuscire simultaneamente a diminuire gli elevati consumi di acqua. L’agricoltura è, infatti, responsabile del 65% dei consumi globali di acqua, consumi che nel nostro Paese sono 25% più alti della media europea.
Una recente ricerca ha preso in considerazione le nuove tecnologie applicate all’agricoltura per analizzarne i vantaggi sul piano della sicurezza, della quantità e della qualità delle produzioni. L’impiego di queste metodologie ridurrebbe del 95% il suolo necessario e del 70% l’acqua, incrementando i ricavi dell’80%. Tra le innovazioni c’è anche l’agricoltura verticale o vertical farming, che prevede coltivazioni fuori suolo in serre climatizzate e automatizzate, che si sviluppano in altezza su più livelli.
Questi sistemi sono più produttivi del 75% rispetto all’agricoltura tradizionale in campo e consumano pochissima acqua, circa il 95% in meno. Le vertical farm, inoltre, non hanno vincoli geografici, poiché possono trovare posto anche nelle aree urbane e offrire prodotti freschi e a km 0.

Esperimenti e progetti pilota in tutto il mondo

La vertical farm più grande al mondo è in costruzione a Dubai e si sviluppa per 13.000 metri quadrati per un investimento di circa 40 milioni di dollari. In Russia, invece, il fondo di venture capital TealTech sta introducendo una rete di aziende agricole verticali all’interno di aree urbanizzate che sarà in grado di produrre ogni anno circa 1 milione di kg di produzioni orticole.
Dopo il disastro nucleare di Fukushima, in Giappone l’agricoltura verticale ha consentito di rispondere alla crescente domanda di sicurezza alimentare, che vede i cittadini preoccupati della salubrità dei prodotti cresciuti sul territorio nipponico. Shigeharu Shimamura, fisiologo vegetale, ha convertito nel 2013 una fabbrica abbandonata in una fattoria dove poter coltivare senza attingere al terreno potenzialmente contaminato da radioattività. Il progetto è stato l’input per molte altre esperienze simili all’interno del paese e ad oggi si contano oltre cento orti verticali, grazie anche al forte supporto dato dal governo a queste iniziative.

E in Italia? In Sicilia, nel territorio di Scicli (RG), continuano le sperimentazioni dei processi produttivi a tecnologia aeroponica in serra a film plastico, per offrire al mercato prodotti agricoli evoluti e intelligenti. Ogni pianta è allevata e curata con precisione, senza pesticidi e l’intero processo garantisce qualità e tracciabilità in ogni fase produttiva, dal seme alla distribuzione.
La tecnologia aeroponica (senza alcun substrato) può essere utilizzata anche in ambiente urbano mediterraneo e regala al mercato prodotti freschissimi, rispetto ai prodotti agricoli tradizionali che affrontano il viaggio, perdendo sostanze nutritive e sapore.

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